Cella (La Sèla in dialetto reggiano, Cellæ in latino eccl. mod.) è nominata per la prima volta in un documento dell'anno 1006 riguardo l'enfiteusi di diversi beni dell'abbazia di Nonantola, della quale era soggetta anche se a nord della via Emilia, appena prima del rio della Torretta, e in località Casaloffia furono rinvenuti un sito dell'età del bronzo e dei reperti archeologici del periodo romano.

Attorno al XI secolo diversi beni in loco passarono dal Contado di Parma al monastero di San Prospero extra mœnia di Reggio. Già nel 1055 a Cella era presente un castello, poco più a nord della vecchia chiesa parrocchiale, oggi in rovina e situata a settentrione della via Emilia. Il castello fu poi donato alla Cattedrale di Reggio dal conte Ardoino del Contado di Parma (1058) e figura nominato, insieme alla chiesa, fra i beni dei monaci di Nonantola che successivamente li alienarono al Vescovo di Reggio (XIII secolo).

Attualmente nel posto in cui sorgeva il castello è situato un complesso di case coloniche. La primitiva chiesa di San Silvestro, titolare della parrocchia di Cella, fu riedificata nel 1231 dal vescovo Maltravesi e a metà del '400 fu edificata la canonica. Visto lo stato di degrado che la contraddistingueva, la chiesa parrocchiale fu ricostruita nel 1681 e dismessa negli anni 1960 a causa dello spostamento e del conseguente sviluppo del centro di Cella lungo la via Emilia. L'antico complesso religioso, purtroppo, è oggi ridotto a un rudere. Dal 1447 al 1815 Cella fu comune autonomo, poi unito a Reggio. Luogo di confine fra le giurisdizioni del vescovo di Reggio e di quello di Parma, a Cella, poco prima del rio della Torretta, era presente la cosiddetta “torre del vescovo”, distrutta nel XVI secolo. Verso Parma, in via Guardanavona, era invece situato un castello costruito dai ghibellini di Parma (1280), intitolato alla S. Croce, successivamente ceduto al marchese Azzo d'Este (1305). Il territorio conta anche l'antica località di Casaloffia, già appartenuta ai Da Correggio e dotata di un castello (distrutto nel 1449). Successivamente Casaloffia è stata il centro di una vasta tenuta agricola dotata di una piccola chiesa assieme alla corte agricola della Barisella (1830-40 ca). I numerosi mulini un tempo presenti in loco sono stati, fino a metà '900, importanti segni dell'economica agricola che per secoli ha contraddistinto il territorio. Degni di nota erano, in primis, il “Mulinazzo” di Barisella e il “Mulino della Cella”. Il “Mulinazzo” di Barisella, munito di due ruote orizzontali e una pila da riso, era alimentato dalle sorgive Macera e provvedeva anche alla lavorazione del riso visto che in loco furono presenti anche delle risaie. Il “Mulino della Cella”, esistente già nel '400 e di proprietà dei parmigiani conti Carrega, era azionato da tre ruote orizzontali alimentate dal Canale di Bibbiano, che dal mulino in poi muta il nome di San Silvestro. Dal 1940 fu dotato di turbina, che produceva corrente elettrica anche per le vicine frazioni di Cella, Cadè, Roncocesi, Pieve e parte di Cavriago. Chiuse i battenti nel 1966.

Cella ha, da sempre, una fiera autonomia comunitaria emersa con forza già nei secoli scorsi: a inizio '700 la popolazione della villa riuscì a sconfiggere saccheggi da parte di eserciti francesi e germanici, alluvioni, la peste e dei criminali che verso il 1830 attentano alla canonica della parrocchia. Nel 1908 fu costruita la prima cooperativa e Casa del Popolo, realizzata interamente dal volontariato della frazione, poi sostituita da un nuovo edificio nel 1962. Per la sua collocazione sulla via Emilia, la villa ebbe un ruolo di prim'ordine nella Guerra di Liberazione 1943-1945 e la popolazione diede un forte contributo alla Resistenza, anche pagandolo a caro prezzo con diversi caduti. Nel secondo dopoguerra e per tutta la guerra fredda molto forti furono le tensioni fra la componente laica e fedele al Partico comunista (ampiamente maggioritaria) e la componente cattolica della frazione. Tuttavia in questo periodo fu realizzata la Casa della Carità che da sempre ha unito le due “fazioni”. Nel 1977 laddove sorgeva una pista da go-kart aprì la celebre discoteca Marabù, una delle più grandi d'Italia, che chiuse i battenti nel 2000. Attualmente Cella è una comunità viva, la cui vita sociale è polarizzata sulla parrocchia, sul circolo Arci e anche sulle tante strutture sportive e sociali che la caratterizzano, fra cui anche una strutturata rete di piccoli esercizi commerciali.