Pieve Modolena (“La Pēv” in dialetto reggiano, Plebis Mutilenæ in latino eccl. moderno) è nominata per il prima volta in un documento dell'882. Il nome proprio della villa, che sarebbe costituito esclusivamente dalla parola 'Modolena' (dal nome del torrente che la lambisce), è oggi preceduto dal sostantivo “pieve”: da qui la forma attuale Pieve Modolena. Assieme al “castrum” (castello), nel 1032 la cappella faceva parte dei beni del Monastero di S.Prospero fuori le mura.

Tuttavia si trattava della cappella di S.Geminiano, più vicina alla città e all'antico corso del Modolena che seguiva probabilmente, almeno sino al 1300, il corso dell'attuale Cavo Guazzatore. La villa di Modolena non fu mai comune autonomo: nella località possedevano molti beni i canonici e la chiesa di Reggio per molte donazioni. La “Pieve” rurale di Modolena, già segnalata nel 980, fu tra le pievi riservate al vescovo di Reggio nella cessione in enfiteusi dei beni al marchese Bonifacio di Canossa: nonostante ciò fu al centro di controversie fra il capo della diocesi e i monaci del monastero di S. Tommaso circa la sua giurisdizione. Da essa dipendevano le chiese di Sesso, Cavriago, Roncocesi, Vicozoaro (l'attuale Cadelbosco), Sassoforte (l'attuale S. Bartolomeo) e San Paolo di Reggio. Tra il 1743 e il 1748 viene costruita l'attuale chiesa, con la facciata rivolta verso la via Emilia, su progetto dell'architetto G.Maria Ferraroni. La vecchia chiesa, orientata liturgicamente (ossia verso ovest), è oggi inglobata nell'attuale bar parrocchiale: rimangono soltanto alcune tracce dell'edificio religioso fra cui la statua del santo titolare S.Michele Arcangelo in una nicchia sovrastante la porta di ingresso.

La torre campanaria dell'attuale chiesa non fu mai terminata. Nel 1799 sotto il parrocato di Antonio Toschi la parrocchia di Pieve ospitò, per sole due ore, il pontefice Pio VI prigioniero della Repubblica Francese. Al papa è ancor'oggi dedicata la scuola materna parrocchiale. Fra Otto e Novecento con l'avvento delle cooperative di consumo nacque in Pieve Modolena la Società anonima coop. di consumo fra gli agricoltori di Pieve Modolena (1901) e, successivamente (1907) la Società cooperativa agricola di Pieve Modolena il cui scopo da statuto era “la conduzione di fondi rustici, il commercio dei prodotti utili all’industria agraria, l’acquisto di macchine e attrezzi rurali e la diffusione dell’istruzione agricola. Ne fanno parte braccianti, boari, giornalieri e cameranti esclusi gli affittuari anche se essi stessi lavorano la terra e i mezzadri”.

Il fascismo irruppe violento nella frazione: fra il 1922 e il 1925 la coop di consumo (con sede in località Buda) subì diverse aggressioni. Nel '22 fu ucciso il consigliere Evaristo Ferretti e nel 1925 dopo azioni di sabotaggio venne data alle fiamme e addirittura “espropriata” dai fascisti. In quegli anni tumultuosi i compagni cooperatori provvidero a nascondere un mosaico raffigurante la falce e il martello simbolo dei lavoratori, esumato ben 20 anni dopo, al termine della Guerra di Liberazione. L'opera d'arte è oggi custodita alla sede della Camera del Lavoro di Reggio Emilia.

Nel 1944, durante la guerra, furono inoltre uccisi per rappresaglia dai fascisti quattro uomini di Pieve, ritrovati poi in un fossato alle porte di Cavazzoli. Nel dopoguerra Pieve fu investita di un importante sviluppo residenziale e industriale, copioso a partire soprattutto dagli anni Sessanta. In questo periodo, infatti, si insediarono gli stabilimenti della Lombardini Motori e Max Mara. Nel decennio successivo nacque la zona industriale di Pieve, composta per lo più di piccole e medie industrie, e negli anni '80 il quartiere di edilizia economica e popolare Peep alla Mirandola che portò al raddoppio la popolazione.

In quegli anni il baricentro della frazione si spostò dal borgo prospiciente la chiesa alla zona del Guazzatoio, verso la città. Negli anni '90 e 2000 si affermò un'imponente espansione residenziale a sud della via Emilia. Pieve è divenuta, de facto, una propaggine urbana della città nonché l'agglomerato più popoloso del comune di Reggio. Fra le curiosità, è bene ricordare come un tempo si usasse dire che “a la Pēv, a fan volêr i cunin” (a Pieve fan volare i conigli). Un simpatico pettegolezzo attribuito loro dagli abitanti delle frazioni limitrofe per dimostrare la singolare originalità e l'eclettismo dei suoi abitanti. A

Pieve vi è inoltre una località rurale di case sparse posta a nord della ferrovia Milano-Bologna intitolata “Ballan le Oche”. In quel luogo, un tempo e cinto da fontanazzi e risorgive poste ai bordi delle anse del Cavo Guazzatore (o Guazzatoio), si svolgevano addirittura feste popolari, ove veniva istallato il famoso “festival”. Feste popolari venivano inoltre svolte a Case Vecchie e in altri punti della villa.