Nel 1966 Reggio Emilia incontra il poeta spagnolo Rafael Alberti e se ne innamora. Al nostro teatro viene rappresentata una sua opera “El adefesio” con regia di Ricard Salvat, Rafael e la moglie Maria Teresa si alzano in piedi – a fine spettacolo – per salutare la città che inizieranno a frequentare.
Così il 17 aprile 1967, il Consiglio comunale conferisce a Rafael la cittadinanza onoraria, riconoscendo il valore universale della sua opera come alta espressione dell'impegno culturale e civile dell'Europa contemporanea e rendendo il poeta spagnolo in esilio il primo cittadino onorario della nostra comunità con lo status di rifugiato.
La più alta aspirazione di Rafael è di poter rivedere la terra di Spagna, egli però è consapevole che "ogni popolo, ogni uomo libero, rappresenta un riferimento di solidarietà per i sentimenti e gli ideali di cui è così alto inteprete".
Alberti – insieme a sua moglie Maria Teresa Leon – erano due intellettuali che credevano nella Repubblica e non volevano che la Spagna si trasformasse in una dittatura.
Sconfitti, nel 1939, trovarono asilo politico prima in Francia e poi – a causa della guerra – ripararono in Argentina fino a quando, nel 1963, l’Italia concesse alla famiglia Alberti protezione internazionale.
Nel 1972, per il suo 70°compleanno le piazze e i teatri della città per tre giorni omaggiarono Rafael Alberti, invitando a Reggio artisti e intellettuali da tutto il mondo.
L’anno seguente la città volle accogliere tra i suoi cittadini onorari anche Maria Teresa Leon come “esempio coerente di vita dedicata all’affermazione dei più alti ideali dell’antifascismo, della libertà, della democrazia e della pace”.
Rafael e Maria Teresa tornarono in Spagna, nel 1977, dopo la morte di Francisco Franco e il ritorno della democrazia.
Passarono 38 anni in esilio, aspettando la libertà.
E Reggio Emilia fu una loro casa.

“Dov’è la mia casa? Dimmelo. Non la trovo.
Ma tutto è la mia casa… Dov’è il mio giardino?
Ma tutto è il mio giardino… E la fonte di marmo?
Qui tutto è la mia fonte… E la terrazza?
Tutte le tue terrazze con la mia… E i miei cieli?
So che tutti i tuoi cieli mi appartengono…
Ma, e i miei morti? Dimmi. Si, i miei morti
sono anche i tuoi...”


Rafael Alberti